Alessio Pizziconi
Antonello SCOTTO, Lorenzo Achille Scotto. Uno dei Mille di Garibaldi, Marco Savelli Editore, Savona, 2016, pp.165
Questa appassionata ricostruzione biografica rappresenta il lungo e complesso lavoro di ricerca effettuato dall’autore sulla vita di un avo facente parte della Spedizione dei Mille di Garibaldi, Lorenzo Achille Scotto. Come scritto nella parte iniziale del testo, la ricerca nasce quasi per caso grazie all’incontro con uno studioso di storia risorgimentale, Antonio Giordano, che mette in moto nell’autore l’interesse per la ricerca. Antonello Scotto non è un ricercatore accademico, ma passo dopo passo nel dossier dell’indagine, il suo lavoro diviene una rigorosa ricerca storica. Man mano che si accumulano dati e notizie di archivio, le vicende dell’avo ritrovato si ricompongono e si intrecciano con quelle del Risorgimento italiano. Il saggio che ne esce è il frutto del complesso e minuzioso lavoro di ricerca dell’autore compiuto tra archivi di Stato, archivi diocesani e singole parrocchie di diverse parti della nazione.
Lorenzo Achille Scotto era uno dei Mille, l’unico romano -sebbene di famiglia savonese- della Spedizione. Nato a Roma il 18 luglio 1836, di professione pittore di ornato, comincia sin da giovanissimo a mostrare un carattere ribelle e una passione per gli ideali patriottici. I germi del futuro combattente nacquero durante la breve, travagliata ed intensa esperienza repubblicana a Roma nel 1849. Dalle sue lettere emerge che lui fosse più militare che politico, più portato all’azione e al conseguimento di risultati concreti. Inoltre da un’istruttoria condotta dalla polizia sul suo conto, emerge che la sua condotta agli occhi delle autorità non aveva mai dato luogo a note negative. L’istruttoria precede di poco il 5 maggio 1860, quando imbarcò sul “Piemonte” o sul “Lombardo” per partecipare alla gloriosa epopea dei Mille. All’epoca della presa di Palermo, il 27 maggio 1860, militava nella nona compagnia (comandata da Giacomo Griziotti e costituita da Garibaldi il 12 precedente). Sempre da una lettera scritta a Nino Bixio -e fondamentale per conoscere il pensiero politico dell’avo patriota- emerge che egli, come migliaia di altri giovani coetanei, avesse come primo ideale quello di unificare l’Italia e liberare Roma. Di li a poco, (ottobre 1867) Lorenzo sarebbe partito anche per la campagna dell’Agro romano, conclusasi infelicemente a Mentana. Dopo la presa di Palermo, Lorenzo contrasse il tifo, una patologia che lo debilitò per sempre, come vi farà cenno negli anni successivi in relazione ai documenti per la richiesta del lavoro al Comune di Roma. Nel 1866 allo scoppio della Terza Guerra di Indipendenza, prese parte tra i volontari garibaldini e venne inquadrato in un corpo speciale, il primo battaglione dei bersaglieri genovesi, comandato dal maggiore Antonio Mosto. Il corpo si distinse soprattutto nella battaglia di Bezzeca, dove i garibaldini ebbero la meglio sugli austriaci riportando l’unica vittoria italiana. Terminata la campagna militare, Lorenzo si stabilì a Firenze ma la sua permanenza nella capitale non durò molto, perché di li a poco sarebbe partito per la sfortunata campagna per la liberazione di Roma. Nell’ottobre 1870, a città ormai liberata, dopo Savona, Genova, la spedizione dei Mille, Torino, Firenze Lombardia, Trentino nel 1866, Mentana nel 1867 e ancora Firenze, decise di stabilirsi definitivamente a Roma dove riprese il lavoro artigiano, si sposò ed ebbe due figli. La non rosea situazione materiale lo spinse a varie riprese come emerge dalle carte, a fare domanda di lavoro per il Comune di Roma ed assunto nel 1878. Nel corso degli anni lo stato di salute fu precario fino alla morte. La lapide al cimitero del Verano, fatta restaurare dall’autore, ricorda per sempre che un soldato, a costo di sacrifici e privazioni, profuse le sue migliori energie giovanili per contribuire a fare dell’Italia, prima solo “espressione geografica”, un paese unito e saldo e di Roma la sua eterna capitale. Uno dei tanti figli della Patria a cui noi tutti dobbiamo rendere onore.